Il progetto TAP – Trans Adriatic Pipeline è un progetto infrastrutturale per la costruzione di un condotto per il trasporto del gas naturale proveniente dai giacimenti di ShahDenizin in Azerbaijan fino alle coste italiane per la distribuzione in Europa.
TAP dovrebbe avere una lunghezza di 878 chilometri (di cui 550 chilometri in Grecia; 215 chilometri in Albania; 105 chilometri nell’Adriatico e 8 chilometri in Italia).
Il TAP dovrebbe approdare al lido San Basilio meglio conosciuto come Mamanera a San Foca (una frazione di Melendugno). Si tratta di una località conosciuta dai pugliesi per essere, d’estate, la più grande dance hall reggae a cielo aperto del Salento oltre che uno dei lidi più frequentati dai turisti per il mare cristallino.
Il progetto, ritenuto di importanza strategica dall’Europa e dal governo italiano, come opera per la diversificazione degli approvvigionamenti energetici, viene avversato da popolazione e governi locali.
l’Associazione Tramontana che, venendo a conoscenza del progetto grazie ad un consigliere comunale, ha preparato le prime osservazioni per contrastare il progetto. Successivamente Tramontana è confluita all’interno del Comitato No Tap. Ancora oggi grazie all’appoggio delle amministrazioni locali, il Comitato continua a manifestare la propria contrarietà.
l dissenso nei confronti del gasdotto è nato dalle preoccupazioni sugli impatti che una tale opera potrebbe avere sull’ambiente e sull’economia locale. Esiste inoltre un piano di contestazione più alto che riguarda i valori strategici dell’opera e i meccanismi di finanziamento della stessa che potrebbero trasformarsi in costi per tutti i cittadini. San Foca, per esempio, è una località marittima famosa al turismo e alla pesca, in cui natura e biodiversità sono il motore della vita comunitaria e dell’economia locale. Le preoccupazioni ambientali si basano sulla presenza, nelle acque interessate dal progetto, di banchi di corallo, praterie di posidonia oceanica, grotte carsiche e in generale una ricca biodiversità che verrebbe compromessa.
Basti pensare che quell’area è meta per la nidificazione di tartarughe Caretta Caretta. Il gasdotto, da progetto, dovrebbe approdare vicino alla scogliera di San Basilio con le sue fragili falesie che potrebbero essere danneggiate dalle manovre di trivellamento e posa del condotto. Infine, il tratto di raccordo tra l’approdo e il PRT (Pipeline Receiving Terminal) ubicato nel Comune di Melendugno dovrebbe attraversare un’area con 1900 ulivi. La questione degli ulivi però è ben più ampia: il TAP dovrebbe terminare nel Comune di Melendugno ma per essere operativo bisognerebbe connetterlo, tramite una nuova connessione, con la Rete Nazionale dei Gasdotti che si trova a Mesagne, un comune a 55 km da Melendugno, eradicando oltre 10’000 ulivi. Numerose sono le preoccupazioni anche sul fronte economico per le possibili perdite nei settori turistico e ittico a causa dei disservizi che potranno essere portati dai lavori di realizzazione dell’opera. Infine, sono state sollevate preoccupazioni anche a livello sanitario. Il presidente della sezione di Lecce della LILT (Lega Italiana per la Lotta ai Tumori),L’aspetto portato alla luce riguarda i fumi prodotti dalla centrale di depressurizzazione del terminal di ricezione, che andrebbero a peggiorare le condizioni d’inquinamento atmosferico del Salento, già contaminato dai residui provenienti da Taranto e Brindisi a causa dei venti che li trasportano nell’area. In particolare, nel 2014 la LILT, Lega Italiana per la lotta contro i tumori, ha preso una posizione forte e decisa contro la realizzazione del gasdotto, producendo due documenti scientifici che dimostrerebbero un incremento dell’incidenza dei tumori sulla popolazione connessa di questa opera.
TAPPerché “sì” – Secondo la società promotrice, l’opera porterà non pochi vantaggi al territorio. Tra questi, sul sito ufficiale di TAP AG viene riportato che la sua realizzazione “darà contributo diretto al prodotto interno lordo (PIL). TAP offrirà all’Italia nuove opportunità di innalzare la propria competitività, facendovi affluire direttamente un volume iniziale di 10 miliardi di metri cubi di gas l’anno, pari a una quota significativa dei consumi totali del Paese. Il gasdotto si avvale di società italiane di ingegneria altamente specializzate. Una volta entrato a pieno regime, necessiterà di personale su base permanente presso il Terminale di Ricezione a Melendugno per monitorare le operazioni quotidiane locali e il funzionamento dell’intero gasdotto”. Inoltre la creazione di un corridoio energetico meridionale che avrà sbocco a Melendugno renderà la Puglia un importantissimo hub energetico per l’Italia e l’intera Ue grazie al quale, si potrà raggiungere una maggiore indipendenza dal gas russo.
TAP Perché “no” – Queste e altre previsioni di rendita e utilità della grande opera non accontentano assolutamente la popolazione locale che ormai da tempo si oppone alla sua realizzazione. Sul fronte del NO vi sono diverse associazione e circa 40 sindaci del territorio salentino interessato, i quali non vedono nessun reale e sostanziale tornaconto per il Salento e l’Italia in generale. L’infrastruttura, infatti, arriva dal mare, attraversa la falda acquifera, mette a rischio la costa, l’habitat marino e le piantagioni antiche di ulivi (anche millenari) stravolgendo cosi un ambiente che fa da sempre della pesca, del turismo e dell’agricoltura i suoi punti di forza. Inoltre, la Tap è pericolosa e vanno prese precauzioni secondo le normative vigenti: la pesca sarà vietata, i lidi e la fascia di costa circostante il tunnel dovrà essere interdetta e anche la zona del “microtunnel”, più interna, dovrà essere asservita con delle fasce di sicurezza; per non parlare della centrale di depressurizzazione prevista subito fuori il centro abitato di Melendugno, fra vegetazione e masserie,che occuperà ben 12 ettari con ciminiere di circa 10 metri per smaltire i fumi della combustione.
Il governo è deciso a non bloccare la realizzazione, visto il parere favorevole al via da parte del Ministero dell’Ambiente che sembra non prevedere nessun forte impatto ambientale dell’opera, ma le amministrazioni locali e i cittadini non vogliono gettare certo la spugna.